7. L'età moderna

In Oriente, alcuni smaltatori di Lahore nel Punjab (all'epoca sotto l'influenza persiana, attualmente in territorio pakistano) vengono accolti dal sovrano indiano Man Singh I (1550-1614) a Jaipur nel Rajasthan, dove fondano il più importante centro di produzione a smalto dell'India. Altri centri vengono fondati nei due secoli successivi a Lucknow, Varanasi e infine a Delhi (fonte: Gioielli dall'India dai Moghul al Novecento; vedi anche l'articolo Lo smalto minakari di Isfahan).

In Cina, il cloisonné è stato favorito anche dagli imperatori Qing (1636-1912), che aprirono la fabbrica reale di smalti cloisonné a Pechino. Come simbolo di potere e benessere, gli oggetti cloisonné erano visibili dovunque nel palazzo, dai decori dei letti a baldacchino ai paraventi, fino a pagode alte come un edificio (si possono ammirare simili pezzi da esposizione nel Museo del Palazzo Imperiale di Pechino e nel Tempio Putuo Zongcheng di Chengde). Il cloisonné iniziò il suo declino fin dal regno dell’Imperatore Daoguang (1821-1861).

A questo periodo risale anche la nascita dello smalto cantonese, una variante di smaltatura così chiamata dal principale centro di manifattura nella città di Canton (l’attuale Guangzhou), un fiorente porto nel sud della Cina. Questa tecnica di smalto dipinto si è evoluta dallo stile di Limoges, introdotto in Cina dai missionari dalle Compagnie delle Indie Orientali Inglese o più probabilmente Francese durante il regno di Kangxi, il quarto imperatore della dinastia Qing (1662-1722). Le decorazioni consistevano solitamente di fiori, insetti e figure umane in contesti di vita quotidiana. Gli oggetti realizzati erano prevalentemente stoviglie e altri oggetti d’uso domestico. Gran parte del mercato dello smalto di Canton era però rivolto all'estero, in particolare all'attuale Pakistan e al mondo islamico: attraverso la Compagnia Inglese delle Indie Orientali venivano commerciati vasi decorati con iscrizioni in lingua araba ma marchiati con il caratteristico sigillo dell'imperatore Qianlong.

Le tavolozze di colori usate per queste opere erano chiamate yangcai, parola che significa “colori stranieri” perché le tipiche tonalità pastello di questo stile erano inconsuete nell’arte tradizionale cinese prima della loro introduzione dall’Occidente.

Tra queste, la tavolozza detta famille rose, caratterizzata dalla presenza di smalti in tonalità comprese fra il rosa e carminio, ha avuto particolare fortuna sotto i regni di Kangxi, Yongzheng e Qianlong, tra il 1722 e il 1796. A questo successo ha contribuito l’introduzione della Porpora di Cassio, un pigmento raro importato per la prima volta del gesuita italiano Giuseppe Castiglione che operò come pittore alla corte imperiale cinese. Questo pigmento fu applicato inizialmente nella pittura su tela e nelle vetrine per ceramica, passando poco più tardi anche nello smalto dipinto. Questa scelta di colori, pur non scomparendo mai del tutto, cadde rapidamente in decadenza perché estraneo alla cultura cinese che la percepiva come un’arte dal gusto occidentale.

Nel corso del XV secolo lo smalto si espande in Corea e, di qui, fino al Giappone. In entrambi i Paesi, il termine ha un nome che si può tradurre come "i sette tesori" (chilbo in coreano, shippō in giapponese), in riferimento ai sette materiali preziosi che decoravano il trono di Buddha (oro, argento, smeraldo, corallo, agata, cristallo e perla), mentre in cinese mandarino la parola per "smalto" è 搪瓷 (pronuncia: Tángcí), letteralmente "rivestimento simile a porcellana". Questo testimonia la presenza di una tradizione artigianale comune a Corea e Giappone che distingue le due produzioni da quella cinese.

Mentre la tradizione dello smalto coreano, confinata all'ambito artigianale, non ha testimonianze rilevanti per il periodo antico, la storia dello shippō giapponese è ben documentata. Sembra che la tecnica sia arrivata in Sol Levante più volte, in fasi diverse e da Paesi diversi. La prima testimonianza è lo specchio in bronzo smaltato dell'Imperatore Shōmu (724-749), trovato nella sua tomba nella città di Nara e facente parte del tesoro del Shōsō-in; questo artefatto sembra essere però d'origine cinese. Nello stesso periodo abbiamo una testimonianza indipendente dell'arte della "decorazione con pittura di vetro" nel codice civile Taihō, quando il Giappone era fortemente infuenzato dalla Cina. Al di là di questi primi esempi nipponici, la tecnica sembra sparire in Sol Levante fino al XVI secolo, quando la smaltatura ritorna in Giappone da due diverse fonti. La prima è la Corea, da cui l'artista Dōnin Hirata I (1591–1646) aveva appreso l'arte della smaltatura, il quale fonderà a partire dal 1620 una scuola che porta il suo nome, specializzata nella decorazione di else smaltate per katana, la tradizionale spada dei samurai. La seconda fonte è l'importanza dei primi scambi commerciali con l'Europa che vanno sotto il nome di Periodo del commercio Nanban, termine giapponese che descrive generalmente gli europei (lett. "barbari meridionali") di fede cristiana tra cui i missionari gesuiti del Portogallo e i mercanti navali olandesi. In questa fase, iniziata nel 1543, fu possibile un intenso commercio di prodotti artigianali, tra cui anche le opere a smalto, che però fu fortemente ridimensionato se non addirittura osteggiato dopo la messa al bando del cristianesimo dal Paese nel 1641. Le conoscenze acquisite dall'estero, tuttavia, consentirono gli inizi di una produzione autoctona di smalto giapponese, tra cui ricordiamo una spada ornamentale del casato di Kikutei, l'armatura del samurai Kobori Totomi-no-Kami e alcuni casi di fusuma, i tradizionali pannelli usati dai Giapponesi come muri e porte mobili, solitamente decorati con panorami e giardini zen (fonte: James L. Bowes, Notes on Shippo, Londra, 1865). 

Una tsuba (elsa per spada katana) realizzato dalla Scuola Hirata (XVII-XIX secolo), decorata con smalti cloisonné.

Tornando in Occidente, l’improvvisa e rapida fioritura dell’artigianato artistico in Cechia nel XVI-XVII secolo si deve al regno di Rodolfo II (1572-1612), il quale era appassionato di collezionismo e custodiva nella sua celebre „Camera delle meraviglie“ i veri e propri capolavori che riceveva in dono durante le visite di Stato. In essa confluivano anche opere acquistate da tutta Europa. Durante il regno di Rodolfo arrivarono a Praga i più grandi artisti e artigiani, fra cui molti orafi rinomati e abili nell’uso dello smalto come materiale decorativo. Sfortunatamente, solo una minima parte del tesoro originale di Rodolfo è giunto fino a noi intatto. Durante il periodo rodolfiano, gli orafi decoravano i gioielli non solo per gli aristocratici, ma anche per i cittadini benestanti. La frequente presenza di gioielli smaltati nei ritratti dell’epoca, dimostra come gli smalti venissero preservati malamente a fronte dello scarso numero di ritrovamenti. Gli oggetti di quest’epoca combinavano le diverse tecniche nate in Occidente, come il ronde bosse, il basse taille e lo champlevé, con alternanza di colori trasparenti e opachi.

Uno degli orafi smaltatori più famosi del periodo è senza dubbio il belga Jan Vermeyen (Bruxelles 1559 – Praga 1606). La sua presenza a Praga è documentata dal 1592. La sua opera più importante è senza dubbio la Corona di re Rodolfo, realizzata nel 1602 e decorata con raffinati smalti tecnicamente perfetti.

Un altro nome importante è quello di Andreas Osenbruck, orafo d’origine tedesca, autore di una catena decorativa attualmente nel Tesoro di San Vito e delle regalia (corona e scettro) del re Matthias, fratello e successore di Rodolfo.

La corona di Rodolfo II, realizzata dal belga Jan Vermeyen nel 1602.

Il Seicento vede la comparsa di una nuova tecnica, la pittura su smalto. Questa tecnica pittorica si presta molto alla miniatura e lentamente riprende la perfezione, divenendo la tecnica privilegiata per la decorazione di tabacchiere e portacipria accanto all’orologeria e l’oreficeria, interpretando il nuovo gusto “rococò” per l’oggetto di lusso e da collezione. Jean e Henri Toutin nel 1632 per primi e in seguito i fratelli Huaud e Jean I Petitot (1607-1691, conosciuto come il “Raffaello dello smalto”), sono alcuni esponenti di spicco della miniatura a smalto. Petitot, con il chimico Turquet de Mayerme, perfeziona i colori e tramite il famoso ritrattista Anton Van Dyck (1599-1641) produce su smalto i ritratti eseguiti dai migliori pittori del tempo. La dinastia degli Huaud, sempre a Ginevra, chiude il Seicento e apre il Settecento e svilupperà anche la miniatura su avorio e su pergamena. Negli ultimi trent'anni del Seicento, quest’arte va lentamente spegnendosi, sia per il cambio dei gusti sia per la minore accuratezza delle produzioni diventate di grande quantità. 

Miniatura di J.E. Liotard

Nato dal Barocco presso la corte di Luigi XIV in Francia, il nuovo stile Rococò comincia un secolo d’espansione della decorazione ginevrina su smalto, che adotta i modi sensuali e leggeri dello stile. Il più grande tra i ritrattisti su smalto di questo periodo è senz’altro Jean-Etienne Liotard (1702-89): alla sua scuola si formano per tutto il secolo valenti artisti.

Sempre agli inizi del Settecento, il nuovo zar Pietro I il Grande intraprende un viaggio in incognito in Europa occidentale nel 1697-1698 durante il quale entra in contatto con l'architettura e le arti occidentali, e in particolare con la tecnica della miniatura a smalto dell'artista franco-svedese Charles Boit, che all'epoca lavorava in Inghilterra al servizio del re Guglielmo III. Pietro ne resta così affascinato da tentare di importare il ritratto a smalto in Russia, chiamando diversi smaltisti occidentali nella neonata capitale San Pietroburgo. Il primo smaltista russo fu Grigorij Semënovič Musikijskij (1670-1740), pittore del Palazzo dell'Armeria di Mosca, che fu chiamato a San Pietroburgo per eseguire i ritratti della famiglia reale, oggi al Museo dell'Ermitage, con uno stile ben lontano dagli standard europei. Ben diversa è invece l'arte di Andrej Grigorovič Ovsov, che dimostra una qualità analoga a Parigi o Londra e adotta la tecnica del pointillé.

Ritratto della famiglia reale di Pietro il Grande, miniatura a smalto di Grigorij Semënovič Musikijskij, San Pietroburgo, 1716-1717.

 Poco dopo, nel 1763, il vescovo di Rostov Arseniy Tarkovskiy fonda un primo laboratorio dedicato alla produzione di icone smaltate. Le miniature su smalto bianco russe sono conosciute in tutto il mondo con il nome di "finift" (verosimilmente dalla parola greca tardo-medievale "fingitis" che indica le pietre chiare e luminose) ed è indissolubilmente legata alla città di Rostov e a tutto il cosiddetto "Anello d'oro" che comprende, tra l'altro, anche l'importante centro orafo di Jaroslavl'.

Esempio di icona con tecnica finift: vita di San Sergio di Radonezh.

In Inghilterra, nel XVII secolo, nasce una nuova tecnica di applicazione dello smalto, detta transfer printing, il cui principale centro produttivo era la York House di Battersea, un distretto londinese, fondata da Stephen Theodore Janssen nel 1753. La tecnica, usata per la produzione seriale e semi-industriale di oggetti di lusso, consisteva nell’applicare un fondo di smalto bianco, dopodiché si realizzava il disegno inciso su una piastra di metallo su cui venivano stesi i colori che venivano “impressi” sul fondo bianco e successivamente cotti. La tecnica, usata soprattutto per interpretare il gusto Rococò, ebbe ampio successo e contribuì sia allo sviluppo di tecniche di smaltatura industriale, sia al parziale declino della tecnica dello smalto artistico.

Verso la fine del secolo XVIII la Rivoluzione Francese porta a una generale crisi degli smalti di lusso, e l'unico mercato significativo rimane l’Oriente. Per i cinesi sono spesso fabbricati orologi in coppia, da loro particolarmente apprezzati. Parallelamente alla pittura su smalto degli orologi si sviluppa quella su oggetti di lusso come tabacchiere, portagioie e portacipria. Ricordiamo Jean-Louis Richter (1766-1841), che con l’utilizzo dello smalto fondente realizza paesaggi realistici di grande fantasia compositiva, ispirati all’Italia oltre che ai monti svizzeri. Citiamo il nome dei tre maggiori smaltatori parigini del neoclassicismo: Couteau, Dubuisson e Merlet, gli ultimi due hanno continuato ad operare anche durante la restaurazione.
Nel primo XIX secolo con le miniature ispirate ai dipinti capolavori, fra cui Rubens, Raffaello, Tiziano, Correggio, (18 smalti al museo civico di Torino), si esprimono varie tecniche pittoriche meno luminose.
Durante tutto l’Ottocento ci si dedica al paesaggio e al ritratto. Ricordiamo il grande ritrattista Charles Louis François Glardon (1825-87). L’invenzione di Daguerre (il dagherrotipo, 1839, primo sistema di fotografia su lastra di rame) provoca un appiattimento sulla riproduzione stereotipa dalle fotografie, con l’abbandono del ritratto dal vero. Indichiamo da ultimo lo smaltatore Rodolphe Piguet (1840-1915) che dipinse alla maniera degli impressionisti. L’impulso dell’art nouveau contribuirà a recuperare tutte le tecniche che in precedenza erano cadute in disuso.
A Limoges operano J.B. Ernest Rubé Ruben, Dalpayrat, e Delphine De Cool trionfa a Parigi. Il movimento Inglese Arts and Crafts e l’Art Nouveau interesseranno l’avanguardia artistica tra la fine del 1800 fino al 1910. Sarà uno stile di rottura che porterà i gioielli smaltati a un livello fuori dal comune. Da citare oltre a René Lalique, i vari Thesmar, Fouquet, Vevere Tourette e Grasset, Feuillatre, Gaillard, Wolfers, von Cranach, Christofle e Lluis Masriera, in Europa e Tiffany negli States. Tutte le tecniche vengono riprese e perfezionate e il “plique a Jour” diventa popolare. 

Esempi di miniatura applicata in orologeria.  A destra decorazione cloisonné di una pendoletta.

Verso la fine dell’Ottocento, gli antiquari e gli archeologi scoprono un rinnovato interesse verso lo smalto, il che favorisce la reintroduzione di molte tecniche di smaltatura. A Sèvres, celebre manifattura di ceramica e porcellana, viene aperto un atelier dal 1845 al 1872, in cui si educano ottimi esecutori e si realizzano prestigiose produzioni.

In Inghilterra, nelle ultime tre decadi dell'Ottocento, fiorisce la moda delle medaglie smaltate, realizzate da gioiellieri esperti nel cesello su metallo come bronzo, argento e, molto più raramente, anche su oro. Nonostante la smaltatura delle medaglie esistesse come fenomeno già nei primi del XIX secolo, infatti, fu solo grazie all'operato di importanti artisti-medaglisti come William Henry Probert (attivo dal 1884 al 1902) e Edwin Steele (proseguita negli anni da suo figlio Edwin II e dal nipote Henry) che la città di Birmingham divenne un'importante centro di manifatture per la produzione di medaglie smaltate, che da qui venivano esportate per rifornire le maggiori gioiellerie del Regno Unito.

Un fattore che favorì la diffusione della medaglia smaltata è il nuovo gusto vittoriano per la gioielleria innovativa e inconsueta, che culminerà nel 1887, data che non a caso è passata alla storia come "l'anno magico della smaltatura". E' proprio in quest'anno che si celebra il Giubileo d'Oro (50 anni di regno) della Regina Vittoria. In occasione delle celebrazioni pubbliche furono prodotti tantissimi memorabilia, e in questo lo smalto fu un vero protagonista. E' impossibile calcolare il numero di medaglie smaltate prodotte in questo periodo, che condividono sostanzialmente gli stessi soggetti: l'effige della Regina Vittoria e le rappresentazioni della Britannia si affiancano alle figure più tradizionali, soprattutto stemmi araldici e motivi floreali. Un altro motivo tipico del periodo è la raffigurazione di San Giorgio e il Drago, basata sul modello della "Sovrana d'oro", una sterlina in oro coniata a partire dal 1817 su disegno del medaglista italiano Benedetto Pistrucci (Roma 1783 - Windsor 1855).

Nel 1896, lo smalto diventa protagonista involontario di una tragedia: le tazze in latta smaltata con stemmi araldici realizzate in transfer printing in occasione dell'incoronazione dello zar Nicola II e della consorte Alessandra Fëdorovna diventano causa involontaria di una strage quando, durante il tradizionale banchetto aperto al popolo, si diffuse la voce che lo zar avesse posto delle monete d'oro come regalo per chi avesse ricevuto una delle 400.000 tazze smaltate preparate per l'occasione. La pessima scelta del luogo per il banchetto (un ex campo di addestramento militare, con tanto di trincee) e la ressa che ne seguirono per accaparrarsi la fantomatica moneta risultarono in una strage, con 1389 vittime e circa altrettanti feriti, tanto che le tazze divennero note come "Tazze di Khodynka" o "Tazze del Dolore".

Nonostante la pessima fama di questo tipo di memorabilia, solo un anno dopo la Regina Vittoria d'Inghilterra (nonna di Alessandra Fëdorovna) ne fece fabbricare e distribuire ai suoi sudditi in occasione del suo Giubileo di Diamante. Ne seguiranno il suo esempio anche Guglielmina d'Olanda, cognata di suo figlio Leopoldo, nonché suo figlio Edoardo II d'Inghilterra e la consorte Alessandra alla loro incoronazione nel 1901, suggellando quella che era ormai divenuta una vera e propria moda del periodo (vedi Approfondimento).

Come già accennato, dalla fine dell’Ottocento i metodi diventano sempre più industriali, portando all’abbandono di quest’arte, che richiede forse troppo tempo per i convulsi ritmi di vita moderni. Ricordiamo gli orafi smaltatori Wagner, Froment-Meurice, Falize, Boucheron, Christofle, Tard, Barbedienne, e per lo smalto dipinto e la grisaille Grandhomme, Garnier, Popelin, Lepec, A. Meyer, e i famosi Soyer. Una notevole eccezione è, alla fine del secolo, il lavoro dell'orefice Carl Fabergé a San Pietroburgo, il quale inventa l'oggettistica in argento con smalti traslucidi colorati. Famose sono, in particolare, le Uova Fabergé, oggetti di gioielleria in oro o argento con motivi guilloché e decorati con smalto traslucido, pensati come le matriosche per contenere sorprese anch'esse in metalli preziosi e smalto. Un notevole successo hanno avuto anche le opere di Hermann Ratzersdorfer e Hermann Böhm, smaltisti e argentieri austriaci della fine del XIX secolo che interpretano il gusto neoclassico e neorinascimentale della Vienna tardo-imperiale con la produzione di oggetti di lusso come coppe a forma di nave e orologi da tavolo ispirati al gusto gotico con elementi ronde-bosse o pregiate stoviglie e ante di mobili decorate con miniature a smalto acquarellato.

Bicchiere ovale tipo "Kovsh", smalto russo cloisonné, atelier di Fabergé.

Parallelamente si sviluppa la smaltatura su ferro per oggetti casalinghi, cartellonistica pubblicitaria, segnaletica, aprendo la strada ai rivestimenti architettonici d’interni ed esterni e all'arredo urbano. Da citare è la cittadina di Morez in Francia.Rappresentante italiano dell'Art Nouveau è Vincenzo Miranda, orafo e argentiere napoletano, la cui ditta si presenta a Parigi all'Esposizione universale del 1900 con una fibbia d'oro decorata a smalto con motivi floreali.

Bambina con pupazzo di frate cappuccino, opera di Paul Soyer (XIX secolo) ispirata ad un'opera di Jean Baptiste Greuze (1725-1805). Museo ArTchivio.

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Fabergé Egg of the Twelve Monograms, created and donated to Maria Feodorovna for Easter 1895, in memory of tsar Alexander III. Hillwood Museum, Washington D.C., USA.